In questo magico luogo, nei pressi di Cetraro, regna la disinformazione e la confusione più totale.
Per questo motivo ho deciso di dedicare un po’ del mio tempo, con il semplice scopo di fare chiarezza, mettendo alla luce la verità sulla storia di questa scogliera.
Quanto meno, con delle probabili teorie, avallato anche dal supporto di autorevoli storici e conoscitori del territorio, come il Direttore del Museo dei Bretti di Cetraro, Luigi Orsino che hanno consentito quanto sto per narrarvi.
Iniziamo rispondendo alle innumerevoli domande che i nostri clienti ci fanno a bordo della nostra imbarcazione.
Perché la “Grotta dei Rizzi”?
Rispondere a questa domanda per un Calabrese è di estrema facilità.
In realtà molte estate addietro la parte sommersa della scogliera era ricca di ricci. Ecco data la risposta, RICCI in dialetto locale si dice RIZZI.
Ma passiamo al secondo quesito, il quale per capire bene di che cosa si parla, occorre l’aiuto di qualche foto. Vediamole!
Proprio in questo luogo nasce un dilemma tale da portare in risalto una delle citazioni più comuni di Shakespeare “ESSERE O NON ESSERE”.
Il dilemma è estremamente confusionario, frutto di sonni tormentati, leggiamo perché.
Un turista che ha conosciuto questi luoghi in passato ne ha sicuramente apprezzato le sue bellezze conservandone il ricordo come la ” Costa dei Rizzi” o “La scogliera dei Rizzi”.
Lo stesso, ritornando l’estate successiva, rivisita lo stesso luogo e con sorprendente stupore ne trova cambiato il nome in “baia delle Sirene“.
Tuttavia quello che colpisce ascoltandone il racconto è un inno alla più estrema immaginazione di un cartone animato di Walt Disney.
Capiamone perché il racconto ha una nota WaltDisneyliana!
E’ totalmente frutto di una fantasia innata, originale, starei per dire poetica, che racconta di una visione di Sirene e Api dove Ulisse ne è l’attore protagonista.
Infatti, il racconto meriterebbe un’attenzione, tra l’altro meritata, anche da Hollywood, per la sua originalità dove si potrebbe pensare addirittura ad acquisirne una sceneggiatura trasformando l’immaginazione fiabesca in un set cinematografico.
Lo so, siete curiosi, di sicuro volete sapere il contenuto di quel sogno fiabesco.
Narra cosi,
” ULISSE NAVIGANDO QUESTI MARI DELLA COSTA CETRARESE FU ATTRATTO DA UN SIBILO INSISTENTE E INTENSO IL QUALE PROVENIVA DALLA SCOGLIERA. CREDENDO FOSSERO DELLE SIRENE SI AVVICINO’ ALLA SPIAGGIA SCOPRENDO POI CON PROFONDA DELUSIONE CHE NON SI TRATTAVA DI SIRENE MA DI API“.
Fantastica, vero? VERREBBE DA DIRE….. MIELE PER TUTTI!
Lasciandoci alle spalle il cartone animato, visione del tutto originale e surreale.
Affrontiamo la questione in maniera più storica, dove reperti, libri e documentazione ne confermano le origini.
Basta farsi una passeggiata presso il museo dei Bretti di Cetraro, dove la storia e di casa, ed è qui che con il supporto del Direttore emergono delle testimonianze e delle possibilità che questo stupendo costone possa essere realmente classificato come la "Baia dei Turchi"
Tuttavia vi sono libri di scrittori locali pubblicati illo tempore.
A questo punto è doveroso dare lustro e risalto al Professor Leonardo Iozzi il quale ha dedicato, starei per dire, una vita sul documentare attraverso i suoi libri la storia di Cetraro.
Il Professor Leonardo Iozzi è nato nel 1936 a Cetraro. Si è laureato in lettere moderne, presso l’Università Sapienza di Roma , con una tesi sui “possedimenti e chiese cassinesi in Calabria”.
Ha raccolto e indagato testi e documenti antichi o difficilmente reperibili, dando numerosi e importanti contributi alla storia locale e regionale. I suoi principali campi di indagine sono:
storiografia medievale, con particolare riferimento ai possedimenti calabresi di Montecassino.
la storia del comprensorio cetrarese
Approfondendo in uno dei suoi capolavori “CETRARO E FELLA” libro scritto nel 2003 la pagina 34 cita:
Il cantiere e l’esistenza nel nostro promontorio de tre cale, veri e propri nascondigli, costituiscono un forte richiamo per i Turchi, i quali, dopo aver devastato Cetraro nell’agosto 1534, ritornarono più volte nel nostro paese, depredando, rubando barche e remi e facendo schiavi tanti uomini, tra cui diversi cetraresi. Le nostre tre insenature , chiamate “Ascosaglie de Turchi“, rimanebdo nascoste alla vista delle torri convicine, divennero per i Corsari delle basi per attaccare sia vascelli di passaggio, sia la nostra costa. I cetraresi, pur avendo più volte messo in fuga i Turchi, in modo particolare nel 1573 e nel 1576, desideravano svolgere un’azionepiù efficace. Pertanto, essi pregarono nel 1595 l’Abare affinchè venisse costituita una torre di grardia nel capo di Cetraro. Alcuni anni prima, l’autorità regia aveva ordinato che da Napoli a Messina si costruissero torri di guardia atte ad avvistare i Corsari Turchi, che facevano tanto danno alle cose, agli uomini e all’anima. Attorno al 1596 i Turchi, dopo essersi nascosti nella “cala di S. Maria dell’ Ascosa” attaccarono nuovamente i territori di Cetraro e Fella, saccheggiando………
In un altro libro, sempre del Professor Leonardo Iozzi, dal titolo “La corte spirituale cassinese in Cetraro”, troviamo una mappa topografica che descrive la scogliera in questione.
Di fatto, dopo aver appreso da fonti ufficiali possiamo con certezza dire che questa bellissima scogliera rocciosa passa essere classificata "BAIA DEI TURCHI" di Cetraro!
Baia dei Turchi
Spieghiamo il perché!
La presenza di quegli scogli con i suoi anfratti, offriva ai Turchi dei nascondigli naturali atti a organizzare agguati alle imbarcazioni commerciali che vi transitavano. Tant’è, cosa risaputa, Cetraro vantava il porto più importate con l’affaccio sul Tirreno.
Infatti dove oggi si vede il letto del Fiume ARON, a quei tempi, era presente un porto canale dove vi era una rigogliosa attività commerciale. Allo stesso tempo fungeva da arsenale per la costruzione di Navi. Quest’ultima risalente al periodo Medievale XI_XIII secolo.
Tornando ai Turchi, i quali è risaputo essere dei mercenari, sfruttavano questi avamposti/anfratti per meglio organizzare degli attacchi sia alle navi che solcavano quelle rotte per il traffico commerciale, sia come nascondiglio per pianificare dei veri e propri assalti alle contrade/borghi presenti nell’entroterra.
Qui troviamo un racconto agghiacciante.
Un racconto parla degl’invasori Turchi i quali risalendo il fiume TRIOLO raggiunsero la contrada di Sant’Angelo, luogo dove si consumò un drammatico episodio, che vide sopperire un’intero borgo sotto le affilate lame delle loro spade.
Per intenderci il fiume Triolo è quel misero torrente in prossimità della rotonda di Lampetia.
Parlando con la gente del posto mi si racconta che quella terribile vicenda è ancora rimasta viva nella memoria delle genti e che si è tramandata nelle generazioni.
I TURCHI una volta giunti nella contrada di Sant’Angelo commisero un feroce e spietato genocidio.
Tant’ è che oggi, si ricorda quell’ evento come “U VUOCCO DA CHIANCA” che tradotto non è altro che il “collo del maiale tagliato“.
Gli invasori infatti decapitarono gli abitanti e dal tanto sangue presente sul selciato dava l’impressione di un mattatoio.
Inoltre, nella stessa contrada di Sant’Angelo si trova una bella e suggestiva cappella dedicata all’ Arcangelo Michele, il quale, la “leggenda” racconta, visto il massacro subito a discapito degli abitanti, trasformò tutte le felci presenti in prossimità del borgo in guerrieri che scacciarono definitamente gli invasori.
Concludendo, spero che questo semplice e umile articolo sia d’aiuto nel capire realmente cosa i nostri occhi ammirano.
Tuttavia mi auguro che il racconto sia stato di vostro gradimento, senza togliere privilegio a nessuno, pertanto possiamo coniarla con il suo vero nome questa meravigliosa parete millenaria, composta di arenaria e una suggestiva macchia mediterranea che presenta una varietà di piante autoctone e di certo la chiameremo con il vero nome che la storia ci ha lasciato in eredità, "BAIA DEI TURCHI" di Cetraro.
L’isola di Dino si trova lungo la costa nord occidentale del Tirreno, di fronte all’abitato di Praia a Mare in Calabria, più precisamente davanti a Capo […]
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